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Romolo Murri: democrazia

Filippo Mignini
Articolo pubblicato nella sezione "Libertà e democrazia nella cultura politico-giuridica italiana tra ’700 e ’800"

Nel 1996 Transeuropa libri pubblicava Il concetto di democrazia nel pensiero di Romolo Murri, raccogliendo quattro saggi di provati studiosi, con prefazione di Pietro Scoppola. Questi osserva giustamente che la storiografia murriana si era occupata fino a quegli anni quasi esclusivamente del fondatore della “democrazia cristiana italiana”, primo dirompente movimento politico dei cattolici, lasciando in profonda ombra vita, attività e pensiero di Murri successivi alla caduta del partito per volere di Pio X (1904), alla scomunica (1909) e all’attività parlamentare conclusa nel 1913. In proposito Scoppola si chiede: «Vi è un punto di vista dal quale l’intero arco della bibliografia murriana possa essere considerato unitariamente?». La risposta che lo studioso ritiene di poter offrire è tematizzata nel concetto centrale del testo:

L’originalità e l’interesse di questo volume si ravvisano nel tentativo di proporre un nuovo e più ampio approccio nel quale le diverse e per molti aspetti contraddittorie esperienze di Romolo Murri possano essere tutte ricomprese: tale nuovo punto di vista, nei saggi qui raccolti, è rappresentato dalla concezione della democrazia quale si è venuta dispiegando nel pensiero murriano» (D’Angelo e altri 1996, p. 5).

Nel primo dei quattro saggi Sergio Zoppi indaga «Il concetto di democrazia all’origine delle riflessioni e dell’azione murriana» spingendosi fino al 1905; nel secondo Francesco Malgeri sottopone a confronto «Democrazia, cattolici e partito in Murri e in Sturzo»; nel terzo Lucio D’Angelo esamina «La concezione del partito e della democrazia in Romolo Murri radicale»; infine Pier Giorgio Zunino riflette su «Democrazia e totalitarismo nel Murrri del periodo fascista». I saggi inscrivono la riflessione sul concetto di democrazia nel contesto delle vicende storiche murriane indagate, con l’aperta consapevolezza di offrire dei sondaggi che invitino e rinviino a più larghe analisi. Lo stesso Scoppola osserva: «La verifica di questa ipotesi interpretativa diretta a cogliere una continuità sostanziale nel pensiero murriano richiederà naturalmente più ampie ed approfondite verifiche» (ivi, p.7).
Quando i responsabili di Cosmopolis mi proposero di contribuire a questo numero con un saggio sul concetto di democrazia in Murri, ricordavo il volume al quale ora ho accennato e mi sono chiesto se avrei avuto la possibilità di aggiungere qualche nuova prospettiva rispetto a quelle già acquisite. Mi è parso di poter dare una risposta positiva, ma con una chiara riserva di fondo: anche le riflessioni che svolgerò nel breve spazio di queste pagine devono considerarsi ulteriori sondaggi in una storia intellettuale quanto mai complessa, che attendono ulteriori analisi e più ampia composizione.
Intanto, alcune precisazioni relative al mio punto di vista complessivo su Murri, che una lunga frequentazione delle carte, molte delle quali inedite, dell’Archivio Murri di Gualdo di Macerata (AMG) che ho catalogato, mi ha permesso di elaborare. Non sono convinto che il concetto di democrazia possa costituire la prospettiva unitaria sotto cui guardare l’intera storia intellettuale di Murri. Vorrei provare a indicare il nucleo costante del pensiero murriano, al di là di pur significative evoluzioni di singoli segmenti, nel nesso di implicazione reciproca di tre concetti: religione-spiritualità-coscienza civile. Si tratta di un nesso inscindibile di concetti, nella prospettiva di Murri, che resiste dall’inizio alla fine della sua attività. La relazione intrinseca dei tre concetti, che sono anche tre esperienze costitutive dell’essere umano in quanto tale (sempre nella prospettiva di Murri), non vale soltanto in una direzione: non è possibile coscienza civile senza spiritualità, come non è possibile spiritualità senza religione; vale anche nell’inversa: non si manifesta religione autentica se non in una spiritualità viva, la quale non può prescindere da una concreta coscienza civile. La religione implica, nella prospettiva murriana, intuizione e sentimento dell’eterno; la coscienza civile sentimento e pratica della storia; la spiritualità viva, che si esprime nella personalità (come insegna Murri in Alla ricerca di te stesso e in mille altri luoghi), è sintesi costruttiva e diveniente di storia ed eterno. In questa prospettiva non poche volte Murri ha definito sé stesso costruttore o elaboratore di spiritualità.
Ciascuno dei tre termini implica una propria costellazione di concetti. Al concetto di religione si collegano, ciascuno con la propria interna evoluzione, quelli di cristianesimo, cattolicesimo, chiesa cattolica, protestantesimo, modernismo, messaggio cristiano, mistica, teologia, dogmatica ed altre possibili voci analoghe.
Alla nozione di spiritualità si connettono quelle di personalità e libertà, oltre alle forme nelle quali lo spirito si esprime: filosofia, poesia, arti, letteratura, scienze, morale, politica (sotto il profilo teorico). In tal senso Murri considera Mazzini, Foscolo o Leopardi espressioni della spiritualità italiana. In questa prospettiva meriterebbe attenzione l’inedito degli ultimi tempi Spiritualità italiana e ordine nuovo.
Alla sfera della coscienza civile sono connesse le nozioni di democrazia, socialismo, fascismo, romanità come espressione suprema della universalità dello spirito (L’idea universale di Roma), le diverse prospettive sulla guerra, il tema dell’educazione delle masse, la questione femminile, la stessa attività di diffusione della cultura o della spiritualità connessa al mestiere di giornalista.
Si tratta di temi qui sommariamente e parzialmente indicati, sui quali sono state già svolte ricerche o sui quali altre ricerche potranno essere condotte. Quel che conta, ed è questa la novità e peculiarità della prospettiva proposta, è che ciascuna di queste indagini venga svolta nella consapevolezza di istituirsi non isolatamente e per sé, ma nell’orizzonte del nucleo centrale irradiatore e produttore di senso qui sopra sommariamente descritto, ossia il nesso religione-spiritualità-coscienza civile.
Non credo neppure che l’esperienza intellettuale, umana e politica di Murri si possa considerare conclusa dal suo rapporto con il fascismo, come sembra assumere il testo qui sopra ricordato (cfr. D’Angelo e altri, 1996, pp. 5 e 7). Credo sia preferibile tentare di riconsiderare l'intero Murri dalla prospettiva degli ultimi anni (1939-1944), senza ritenerla l'unica possibile e tanto meno un criterio metodologico necessario: essa appare utile e, in un certo senso, imprescindibile, anche se non necessariamente unica. Il punto di vista degli ultimi anni sembra imprescindibile perché, a partire dal 1939, dopo la pubblicazione di Alla ricerca di te stesso, Murri torna e rileggere e a ripensare (come più volte sottolinea: “dopo oltre trent’anni di silenzio”) gli eventi della sua esperienza politica di inizio secolo. E torna continuamente negli anni finali su quelle vicende, redigendo anche una storia (inedita) in 15 capitoli del proprio movimento, il primo dei quali mancante sia nella redazione manoscritta sia in quella dattiloscritta (quest’ultima riguardante soltanto i capitoli 2-10). Per la redazione di questo testo Murri ricorre anche a citazioni tratte dalle pubblicazioni dei primi anni (Battaglie d’oggi, Cultura sociale ecc.), ma adotta uno sguardo e un giudizio necessariamente diversi da quelli che aveva durante lo svolgimento degli eventi descritti o, per usare una sua tipica espressione, durante «il fervore della battaglia». La lunga e complessa ricerca filosofica, le esperienze private e pubbliche, oltre a quelle politiche compiute nei trent’anni precedenti, lo conducono a elaborare uno sguardo non solo più distaccato e, per quel che era possibile, più oggettivo, ma anche, per certi aspetti, nuovo. Questo vale anche per la sua ultima riflessione sul cristianesimo e sulla Chiesa, segnati dalla consapevolezza dell’avvento imminente di un tempo e di un ordine storico radicalmente diversi da quelli fino ad allora conosciuti. Potrebbe essere perciò proficuo, e dal punto di vista storiografico del tutto inedito, definire il punto di arrivo della ricerca di Murri e ripercorrere a ritroso, dall’osservatorio finale, il cammino compiuto.
Ribadendo ancora i limiti di questo articolo e della sua natura necessariamente schematica, esporrò l’evoluzione del pensiero murriano intorno al concetto di democrazia seguendo quattro fasi o stadi: la democrazia cristiana; un sistema di autonomie; l’illusione della democrazia fascista; prospettive degli ultimi anni.


1. Democrazia e cristianesimo. I principii comuni (Programma della Società Nazionale di Cultura), Roma 1906

Nel pensiero del primo Murri non è possibile democrazia al di fuori del cristianesimo e non è possibile cristianesimo che non si esprima politicamente in forme democratiche. Questo nesso trova espressione in moltissimi testi, che possono essere sintetizzati nel volumetto del 1906, dal titolo Democrazia e Cristianesimo. I principii comuni (Programma della Società Nazionale di Cultura).
Si tratta del programma filosofico, politico e sociale del nuovo progettato partito dei cattolici, che Murri espressamente paragona, «solo per la somiglianza dell’intento», al Manifesto del partito comunista di Marx (p. 6). Il testo, di complessive 104 pagine, è diviso in tre parti: Principi generali; Chiesa e Stato; Il programma sociale. Si tratta, verosimilmente, del testo più sistematico e articolato sul tema della democrazia composto da Murri nel primo periodo della sua attività. Esso richiederebbe un commento molto più ampio rispetto ai limiti di questo contributo; mi limiterò a illustrare schematicamente alcuni dei principi generali.
Conviene anzitutto notare che la riflessione di Murri verte non sulla “democrazia cristiana” intesa come quel movimento politico che egli aveva formato e quindi soppresso da Pio X, come accade in molti altri interventi dell’autore, ma sul concetto stesso di democrazia, come accadrà nell’altro scritto di circa quindici anni dopo, che si esaminerà in seguito. Sarà per questo interessante osservare variazioni e sviluppi.
L’autore non offre una definizione formale di democrazia, anche se, in diversi passaggi, traspare chiaramente quale ne sia l’idea. Ad es. nella Introduzione si riferisce al «riconoscimento pratico dell’eguaglianza sostanziale degli uomini innanzi a Dio e della solidarietà che li avvince nello sviluppo della propria persona e nel raggiungimento, con mezzi per molta parte sociali e collettivi, della salute individuale» (p. 9). Più avanti osserva che «La democrazia fu anche essa giustamente definita come il passaggio dall’inconscio e dallo spontaneo al consapevole ed al voluto nei rapporti della vita sociale; e ciò ne mette in luce il carattere ed il valore pedagogico o educativo» (pp. 29-30). Se dunque il concetto e l’esercizio della democrazia implicano, da una parte, il coinvolgimento di tutti i cittadini nella vita sociale e politica, dall’altra è chiarissimo che tale partecipazione, comportando un passaggio dall’uguaglianza sostanziale e ignorata a una consapevole e intenzionale, non può prescindere dalla formazione delle coscienze sia in ambito tecnico, sia in ambito politico e sociale, sia nell’ambito «delle questioni di diritto, di morale, di religione» (p. 31). Ecco allora la necessità di porre il concetto di democrazia a confronto di un sistema di pensiero e di valori nel quale esso possa trovare fondazione e armonica posizione. Questo sistema è costituito per il Murri di questi anni dal Cristianesimo e dai Vangeli, dalla dottrina patristica e scolastica e dal patrimonio dottrinale della Chiesa cattolica, al cui interno egli e il suo movimento intendono operare. Perciò Murri può concludere che

la democrazia è stata sempre nello spirito e nei principii della Chiesa, se si riguardano i criteri supremi ai quali essa s’ispira; è cosa contingente e d’indole sostanzialmente politica ed economica se si riguardano i varii postulati concreti e le rivendicazioni pratiche in cui essa si risolve e che sono poi soggette ad uno spostamento continuo (p. 33; cfr. anche pp. 25-27).

Da questa premessa Murri trae due conclusioni:

la questione sociale (economico-giuridica) è una questione morale (questione cioè di doveri dell’uomo verso Dio e verso sé stesso), e non viceversa; e che, quindi, la questione morale essendo una questione religiosa, anche la questione sociale si risolve in ultima analisi, secondo il già detto, in una questione religiosa: in quanto cioè dai principi e dallo spirito religioso gli uomini debbono industriarsi a trarre le norme dell’educazione degli animi alla vita individuale e collettiva, e in quanto non si possono risolvere bene tali questioni se prima non è risolta la questione religiosa (p. 34).

Per “religione”, prima ancora dell’adesione e pratica di una religione positiva, Murri intende la consapevolezza o intuizione dell’infinito e dell’universale, capace di trasformare e sublimare le pulsioni individualistiche e particolari. In altri termini, impiegati in questo stesso testo, la religione è per Murri la forza capace di far ascendere, a fronte di altre spinte discensive. Se l’uomo è dominato soltanto dalle spinte verso il particolare, il finito e il terreno, non essendo dotato di spirito religioso, ossia da passione per l’universale, non potrà neppure mai praticare la democrazia, che è concepita come moto ascensionale della società, possibile soltanto da parte di coscienze adeguatamente formate. Non è possibile democrazia senza un’adeguata e costante formazione culturale e spirituale dei cittadini: convinzione basilare di Murri, immutata pur nel variare dello stesso concetto di democrazia.
La seconda conclusione è che la riforma sociale non può essere compiuta per sé e direttamente, se prima non è stato riformato l’individuo. Si tratta di un punto essenziale per Murri, che polemizza duramente con quelle dottrine che considerano prioritaria l’esistenza della società rispetto agli individui e la possibilità di riformare gli individui riformando le società.

L’individuo è prima della società. I fini ultimi dell’incivilimento sono individuali e non sociali; debbono cioè essere raggiunti personalmente dall’individuo e non dalla società, la quale non è -sotto tale aspetto - che un complesso d’individui, aventi vita propria ed autonoma. Questa dottrina è, nel nostro programma, fondamentale: essa procede direttamente dall’affermazione della spiritualità dell’individuo e del valore superiore dei fini etici in confronto ai fini economici e politici: più evidentemente ancora, essa procede dal principio metafisico e religioso del valore assoluto dell’individuo e dell’anima umana in quanto, mentre tutti i fini economici e politici, i beni terreni e le stesse società umane passano, lo spirito umano è chiamato all’immortalità (pp. 35-36).


2. Il concetto della democrazia

Questo è il titolo di un breve, ma importante saggio inedito conservato nell’Archivio Murri di Gualdo (AMG 25.03.72) composto intorno al 1920 (data indicata dallo stesso Murri con un punto interrogativo), di complessive 21 pagine (9 manoscritte; 12 di ritagli di testo a stampa incollate su altrettanti fogli bianchi, di pessima conservazione e contenenti numerose correzioni e aggiunte autografe dell’autore). Esso è diviso in tre parti: la prima, manoscritta, reca il titolo ora indicato, ribadito a matita rossa dall’autore sul verso dell’ultima pagina (p. 21); le altre due parti erano state già stampate su qualche quotidiano e sottoposte a profonda revisione. Il testo nel suo insieme, prima parte manoscritta e le altre due parti contenenti correzioni e aggiunte, non sembra essere stato ripubblicato nello stato in cui ci è pervenuto. Le 21 carte si trovano raccolte in un foglietto piegato su cui il figlio Stelvio Murri ha scritto di sua mano: «Saggi. Il concetto della democrazia. cc.9+12».
Come risulterà dall’esame complessivo del testo, la prima parte manoscritta dovette apparire a Murri necessaria quale fondazione teorica delle altre due già pubblicate. Essa reca il sottotitolo: “I critici della democrazia e del liberalismo. Autonomia dello spirito”.
Occorre preliminarmente osservare che in questo saggio scompare ogni riferimento della democrazia al cristianesimo e non compare neppure una volta la formula “democrazia cristiana”. La dottrina di riferimento per pensare la democrazia e, più in genere, la politica e il mondo, è ora divenuto l’idealismo: «Chi cerchi oggi una concezione viva ed attiva del liberalismo e della democrazia non la troverà che negli idealisti, e in quelli che hanno largamente bevuto alle loro fonti. È una semplice constatazione bibliografica» (p. 1). A partire dal 1908 Giovanni Gentile si occupa in diverse occasioni di Murri, in particolare nel saggio intitolato Compromessi, nel quale commentava La filosofia nuova e l’Enciclica contro il modernismo (1908) di Murri. A partire da quell’anno, ma specialmente dopo il 1913, al termine della sua esperienza parlamentare, Murri si rivolge all’idealismo come possibile filosofia del cristianesimo. Dal 1915 al 1943 si svolge una corrispondenza epistolare tra Murri e Gentile, di cui rimangono pochi frammenti (Mignini 1993, pp. 40-56). Il testo più rilevante di questo periodo per l’esame dell’evoluzione del pensiero di Murri intorno alla democrazia è il saggio Il concetto della democrazia, verosimilmente del 1920.
Dalla concezione idealistica dello Stato Murri trae la convinzione che l’essenza stessa della democrazia sia espressa dal concetto di “autonomia”, in quanto questa esclude «la duplicità empirica di sovrano e suddito, governante o imperante e governato» (p. 2). Poiché l’autorità e la forza morale del governante trae origine negli Stati moderni da una investitura proveniente dal basso e l’obbedienza del governato trae origine dal riconoscimento della necessità della legge cui obbedisce, quale «esigenza di una disciplina interiore nella quale si realizza liberamente e storicamente la sua propria personalità» (p. 3), segue che «la libertà non è assenza della norma, capriccio e arbitrio, ma anzi la posizione della norma, di una validità che trae le sue ragioni dalla universalità propria di ogni atto spirituale, cioè umano» (p. 3). Come nessun uomo è libero, ma si fa libero con faticosa disciplina per giungere al possesso costante della sovranità dello spirito, così «la democrazia non è pienezza di libertà di tutti gli appartenenti ad un corpo sociale, ma esigenza di libertà, per tutti, riconosciuta come attualmente valida, e per quanto le condizioni storiche consentono, realizzata». Compito di una politica democratica è dunque quello, anzitutto, di procurare una solida educazione alla libertà «di quelli che per insufficienza fisica o mentale o morale sono ancora, di fatto, servi». In tal senso la politica va considerata come «una complicata ed immane propedeutica alla vita dello spirito: nasce da una esigenza morale e si compie in una conquista morale» (pp. 4-5). Soltanto la conquista morale di autonomia a tutti i livelli è garanzia di unità democratica dello Stato; qualsiasi altro criterio esteriore di unità non può sussistere «senza una corrispondente soggezione e servitù di amministrati, in cui si falsa e si perde la democrazia, divenendo menzogna e artificio» (pp. 7-8). Tali caratteristiche ha oggi lo Stato italiano «accentrato parlamentare e burocratico» il quale, anziché promuovere unità attraverso la liberazione delle coscienze, irrigidisce le differenze, le dissimula e falsa. Lo Stato democratico, che afferma anzitutto sé stesso come «realtà spirituale e valore etico» (p. 9), si propone costantemente, al contrario, di creare nel suddito il cittadino attraverso la conquista dell’autonomia a tutti i livelli.
Nella seconda parte del saggio Murri esamina le difficoltà che si oppongono alla ricostituzione in Italia «della democrazia stessa», ravvisate anzitutto nei due principali «partiti di masse concorrenti e rivali: il popolare e il socialista». Il quadro complessivo che Murri traccia della democrazia in Italia e delle forze di essa disgregatrici è severo:

Oggi i Comuni non bastano più a se stessi, la Provincia non serve più né ai Comuni né allo Stato. I sindacati godono di una potenza politica ed economica ex-lege, le garanzie giuridiche del possesso privato sono turbate da un criterio di utilità sociale generico, tumultuario ed irresponsabile, l’amministrazione, divenuta costosissima, non basta più ai compiti che si è prefissa, il parlamento non riesce a legiferare; il proletariato, in una parte dei suoi organi più largamente rappresentativi, non accetta la sua parte di solidarietà e di responsabilità negli organi dello Stato, alcune regioni aspirano a tornare a un federalismo che pareva definitivamente finito nel 1849 e 1860, la Chiesa, per interposta persona, profitta della debolezza dello Stato per rifarsi un potere politico diretto ed efficace (pp. 13-14).

Da questo esame pur sommario, Murri conclude che la crisi della democrazia in Italia coincide con la crisi stessa dello Stato e che la ricostituzione della democrazia coincide con la ricostituzione dello Stato (pp. 14-15).
Nella terza parte, che non possiamo esporre in dettaglio, Murri indica la possibilità di inquadramento e ricostituzione «delle forze della democrazia italiana in un partito politico, capace di fronteggiare, sul terreno elettorale, amministrativo e parlamentare, i due grandi partiti di masse (sic): il popolare e il socialista» (p. 16). Al partito socialista si deve opporre

un programma di libertà e di giustizia del lavoro e di organizzazione sociale che non sembri preso a prestito da quello ma discenda con immediata evidenza dall’essenza stessa della democrazia. Ai popolari, intricati nei presupposti confessionali e teocratici della dottrina religiosa che essi accettano, come docili fedeli, dall’ortodosso magistero ecclesiastico, è necessario contrapporre e sovrapporre uno Stato che non appaia povero e vuoto di quei valori ideali che essi giustamente sostengono essere indispensabili alla vita di un popolo, e che non debba quindi mutuarli da un altro istituto (la Chiesa) il quale diverrebbe con ciò il pernio e l’anima stessa della società (pp. 19-20).

Se riorganizzare la democrazia in Italia è difficile, il compito non può essere tralasciato, perché esso coincide con la riorganizzazione stessa dello Stato. In ogni caso, detta riorganizzazione non può prescindere dal concetto centrale di “autonomia”, inteso come «forma e metodo generale della vita pubblica» in tutte le sue componenti e istanze. Perciò Murri conclude:

Così, dovunque viva lo Stato, quelli che hanno una più alta consapevolezza della sua funzione di libertà e di unità e sanno meglio elevarsi al disopra degli interessi particolari e delle passioni di parte, diverranno i collaboratori consapevoli di questa nuova democrazia e dell’organizzazione di essa, come società civile pacificata, come Stato e, di fronte ai partiti che la negano e combattono, come partito politico (p. 21).


3. L’esperienza del fascismo e l’illusione della democrazia

Diversi tentativi di analisi del rapporto di Murri con il fascismo sono stati compiuti, ma probabilmente un esame complessivo, anche alla luce di diversi inediti conservati nell’AMG, deve essere ancora tentato. Qui dovrò limitarmi ad offrire qualche spunto per ulteriori analisi più ampie e complete.
Quando Murri, nel testo ora esaminato, si riferisce a un partito che possa opporsi ai due partiti di massa (il popolare e il socialista) per la ricostruzione in Italia della democrazia o dello Stato, pensa già verosimilmente al partito fascista. In un inedito di appunti privati stesi qualche anno dopo i Patti Lateranensi (1929), infatti scrive: «Dal 1919 con il fascismo. Perché non ho chiesto la tessera: 1. Perché avevo un passato, da non rinnegare; 2. Perché non volevo essere, nel fascismo, un imbarazzo, prima della Conciliazione; un minorato, dopo [...]» (Promemoria [appunti per una autobiografia indicata a matita con il titolo: Una esperienza di vita], AMG 23, 32). Murri infatti non dubita, almeno per diversi anni, della capacità del Fascismo di operare una rivoluzione spirituale «che sola può dare saldezza e coerenza e disciplina interiore alla sua democrazia» (Murri 1924, p. 100). Nella stessa pagina prosegue:

La novità e l’importanza vera del fascismo [...] devono ricercarsi in questo assiduo e tragico sforzo del Paese nel rifarsi una coscienza religiosa, la quale non rinneghi il suo passato, non pretenda di liquidare il cattolicismo e, insieme, non si lasci aduggiare e sopraffare da viete interpretazioni e richieste politiche di esso: condizioni alle quali il fascismo ha inizialmente corrisposto [...].

E sottolinea, subito dopo, l’avverbio «inizialmente». In un appunto inedito successivo scrive:

Nel movimento fascista io riconobbi ed approvai alcune delle direttive fondamentali della democrazia cristiana, anche se laicizzate: il senso dell’ordine e della disciplina civile, il rispetto della tradizione spirituale italiana, un vivace anelito di giustizia sociale, che rompeva i vecchi schemi del socialismo marxista (AMG, 23, 28).

In effetti, già nel 1922-23, Murri iniziava a nutrire qualche dubbio sulla capacità del fascismo di operare adeguatamente nei confronti della libertà:

Gli altri [i fascisti] per un opposto effetto dell’esperienza di guerra, e per altri motivi, incominciano invece con l’afferrarsi con impeto generoso a questa viva e concreta realtà che è la Patria e la nazione di oggi ma, nel fervore dei primi entusiasmi e per immaturità spirituale, non riescono a intenderla come lenta conquista spirituale, come educazione alla libertà e rispetto della libertà di tutti i cittadini, nell’orbita delle leggi, e veggono la Patria fuori di sé, come autorità e comando da servire militarmente e da fare servire, con mezzi militari: e rischiano di ricadere nella concezione germanica di uno Stato trascendente, divinità dura e dispotica (La lotta politica in Italia, p. 7, AMG 23.00.05).

Questo giudizio diviene definitivo in un icastico appunto inedito datato 25. 4. 1929:

Il problema era Murri – Pio X. O il cappellano della democrazia o il cappellano della reazione. Ma la tragedia di venti anni della mia anima, tragedia ignorata dagli incapaci di intendere, derisa da quelli che dovevano intendere, è divenuta la tragedia dell’Italia politica. Non vollero il cappellano della democrazia, hanno il cappellano della dittatura (AMG 23, 34). Si può dunque ritenere verosimile che a partire dai Patti Lateranensi, commentati ampiamente da Murri ne L’ulivo di Santena del 1929, egli cominciasse a nutrire dubbi crescenti sulla capacità del Fascismo di garantire quella idea di democrazia intesa come autonomia sostenuta negli anni precedenti. In un articolo dattiloscritto intitolato Popoli inquieti, intorno al 1928, scriveva in riferimento a una dichiarazione di Mussolini: «La libertà “economica” come le altre libertà parziali, si è rivelata una servitù: bisogna rovesciarle e passar sopra ad esse per cercare la libertà senza aggiunte, una e incoercibile, che è la vita stessa dello spirito artefice e signore della sua storia» (AMG 25.22). Murri continua a sostenere il fascismo come ricostruttore della terza Roma e della sua universalità, celebrata ne L’idea universale di Roma (1937) e ne difende persino le leggi antiebraiche. In un articolo del 3 settembre 1938 intitolato Nostra purità, sottolinea l’interesse dello Stato fascista alla formazione intera dei cittadini per farli «quali esso li chiede: atti, cioè, a dare ai fini collettivi, segnati per tutti, un grande posto nella loro vita, e in possesso delle qualità morali che esige la disciplina fascista, la quale è ordine, fedeltà, entusiasmo, unità» (AMG 23, 35). Sono scomparsi i riferimenti alla libertà, all’autonomia individuale e alla democrazia, che su questa individualità è costruita.


4. Lo sguardo sulla democrazia negli ultimi anni (1939-1944).ì

Negli anni che coincidono sostanzialmente con il tempo della seconda guerra mondiale, Murri lavora accanitamente, pubblicando pochissimo e lasciando una serie numerosa di inediti (circa venti titoli), giunti a un diverso grado di definizione. Alcuni di quelli compiuti, a cominciare da La Democrazia cristiana italiana. Lineamenti storici, edita dal figlio Stelvio nel 1945, sono stati pubblicati, come La storia e l’eterno nel 1994, un Frammento autobiografico, la seconda edizione che Murri aveva preparato de Il messaggio cristiano e la storia (2007) e infine La Chiesa e i tempi (2018) e il De regimine Ecclesiae (2021). Rimangono ancora una decina di titoli, alcuni dei quali portati a sostanziale compimento, come Storia del movimento politico murriano (titolo mio), Spiritualità italiana e ordine nuovo, una Prima apologia; si trovano anche numerosi e ampi materiali per una progettata Autobiografia.
Subito dopo L’idea universale di Roma (1937), Murri lavora al progetto di una filosofia per il cristianesimo, già da tempo avviato, e pubblica nel 1939 Alla ricerca di te stesso. Saggio di una dottrina della personalità. Deluso dall’esperienza del fascismo, come dalla sua precedente esperienza storica, Murri studia le condizioni per trasformare realmente l’individuo con le sue feroci pulsioni particolaristiche, che portano inevitabilmente «alla discussione e alla guerra» (Murri 1939, p. 332), in “persona”, la quale, «quanto più è consapevole e agisce liberamente e si arricchisce di vita spirituale, tanto più ha in sé universalità ed è quindi rappresentativa» (ivi, p. 333).
Scoppiata la guerra, Murri torna a ripercorrere assiduamente la propria esperienza di quarant’anni prima, ravvisando in essa gli elementi che avrebbero potuto salvaguardare la storia italiana ed europea dai fallimenti e dal disastro nei quali era piombata. Torna a confermare il cristianesimo, non quello delle filosofie e delle cristologie (ossia teologie) «che dividono» (Mignini 1993, p. 50), ma del messaggio originale di Cristo consegnato a pochi versetti del Discorso della montagna, il faro che potrà illuminare il cammino anche nel nuovo assetto mondiale che seguirà alla guerra (Il messaggio cristiano e la storia, 1943, la Conoscenza mistica nella vita dello spirito, 1943).
Per quanto concerne il concetto della democrazia, è vivo il rimpianto di un’occasione bruciata, perché le democrazie imperfette di inizio secolo non hanno compreso ciò che, nella proposta murriana, avrebbe potuto renderle perfette. Per questo è necessario tornare a lavorare affinché gli italiani non perdano del tutto una idea sana di religione, capace di alimentare la loro spiritualità:

L’essenziale è persuadere gli italiani che, se la religione vera non è nei credo e nei riti, essa c’è, e sta nella serietà e nobiltà della vita, nel senso dei valori eterni, e persuaderli – la loro storia aiutando – che questa religione, se non porta in chiesa, è l’anima di tutta la vita, privata e pubblica, perché non imputridisce. La democrazia non volle capirlo e schernì chi glielo diceva; e degnamente ha fatto la fine che abbiamo visto, nulla salvando, e meno di tutto l’onore (AMG, 08.52.2).

Nuovi istituti vanno cercati nel nuovo ordine storico internazionale che la guerra sta preparando; ma sempre alla luce del messaggio cristiano e della giustizia e carità che esso suggerisce come prassi di vita, compiuta anche in piccole comunità, capaci di ispirare e generare nuove forme di associazione politica. Non scompare certamente dall’orizzonte politico di Murri l’idea della democrazia come lenta conquista spirituale di autonomia, ma in un mutato contesto storico, nella necessità di nuova politica e nella persuasione che solo dal messaggio cristiano, liberato dai dogmi e dalle incrostazioni istituzionali storiche, essa potrà essere alimentata.


Bibliografia

Guasco M., Zoppi S., Bedeschi L., Saresella D., Cerrato R. (1993), Il pensiero politico di Romolo Murri, Con un’antologia di scritti, Transeuropa, Ancona.
D’Angelo L, Malgeri F, Zoppi S, Zunino P. G. (1996), Il concetto di democrazia nel pensiero di Romolo Murri, Prefazione di Pietro Scoppola, Transeuropa, Ancona.
Gentile G. (1965), Compromessi, in La religione, Sansoni, Firenze, pp. 139-145.
Mignini F. (1993), Diciotto lettere inedite di R. Murri a G. Gentile, in Mignini F. (a cura di), Romolo Murri, Il divenire della coscienza, Transeuropa, Ancona.
Murri R. (2021), De regimine Ecclesiae, Petruzzi P. ed., Andrea Livi editore, Fermo.
- (2018), La Chiesa e i tempi, Petruzzi P. ed., Andrea Livi editore, Fermo.
- (2007), Il messaggio cristiano e la storia, Mignini F. ed., Quodlibet, Macerata.
- (1945), La democrazia cristiana italiana, Lineamenti storici, Murri S. ed., Cosmopolita, Roma.
- (1943), La conoscenza mistica nella vita dello Spirito, Collezioni del Palladio, Vicenza.
- (1939), Alla ricerca di te stesso. Saggio di una dottrina della personalità, Bompiani, Milano.
- (1937), L’idea universale di Roma, Bompiani, Milano.
- (1930), L’ulivo di Sàntena, Edizioni Sapientia, Roma.
- (1920 circa), Il concetto della democrazia (inedito), AMG 25.03.72.
- (1908), La filosofia nuova e l’enciclica contro il modernismo, Società Nazionale di Cultura, Roma.
- (1906), Democrazia e cristianesimo. I principi comuni. (Programma della Società Nazionale di Cultura), Società Nazionale di Cultura, Roma.
- (1903-1904), Battaglie d’oggi, voll. I-IV, Società I. C. di Cultura, Roma.


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