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Generazione Y: per davvero «bamboccioni»?

GIANCARLO NERI
Articolo pubblicato nella sezione Giovani e precarietà.

Pigri, arrendevoli, svogliati, mammoni? Niente affatto. La generazione Y (giovani nati tra il 1980 ed il 1990) appare dinamica, ambiziosa, flessibile e multitasking, almeno questa è la percezione che gli Yers hanno di se stessi.
È quanto emerge dall’interessante ricerca condotta dalla fondazione Istud su quasi quattromila studenti appartenenti a dieci diversi atenei italiani, duecento giovani neoassunti e cinquecento manager del network Prospera (Boldizzoni-Sala 2009).
Lo studio è stato effettuato triangolando il punto di vista di studenti, neoassunti ed aziende. Per quanto riguarda gli studenti, emerge che la gran parte di questi preferirebbe lavorare in una multinazionale (il 29,4%) ovvero in una grande impresa italiana (il 24,1%), anche se, ad una parte significativa del campione esaminato, non dispiacerebbe dedicarsi ad un’attività autonoma o libero-professionale (14,8%).
Un dato molto significativo, che dà l’idea di quanto le valutazioni sui giovani italiani non siano del tutto corrette, è quello che concerne le caratteristiche che gli studenti reputano più importati nel lavoro. Ben il 40,7% degli intervistati risponde che è la possibilità di far carriera l’aspetto a cui guardano con maggiore attenzione, seguito dal trattamento retributivo (33,7%) e, dato emblematico, dalla possibilità di imparare (26,8%).
Quest’area di indagine registra alcune differenze significative concernenti l’area geografica di provenienza degli studenti. In particolare, la possibilità di svolgere attività varie e non ripetitive rappresenta una variabile considerata importante soprattutto dagli studenti del Nord (18,6%), e del Centro (17,6%) mentre registra preferenze minori tra gli studenti del Sud (9%).
Quando poi si giunge alla percezione che gli Yers neoassunti hanno di se stessi, emergono ulteriori elementi indicativi di un quadro molto diverso da quello finora tratteggiato dai media su questa generazione. Cosa cerca un giovane neoassunto nel lavoro? «Uscire di casa la mattina per andare a fare qualcosa che piaccia davvero, svolgere un lavoro intellettualmente stimolante che consenta di imparare e che non sia monotono e ripetitivo, sapere che si sta svolgendo un’attività spendibile sul mercato del lavoro, trovare un clima piacevole, sereno e divertente».
In buona sostanza la passione per ciò che si fa, la varietà delle attività svolte, il riconoscimento del proprio contributo, la dimensione relazionale, il continuo progresso della propria impiegabilità, e un continuo bilanciamento tra lavoro e vita privata appaiono fattori non sacrificabili per un giovane Yer. Quest’ultimo dato va coniugato con le doti che gli studenti ritengono necessarie per farsi largo nella vita: si registra un dominio pressoché assoluto di qualità come impegno, volontà, competenza, merito, adattabilità, curiosità. Relativamente a quest’area di indagine, si registra un elevato livello di omogeneità tra le risposte fornite dai diversi segmenti della popolazione coinvolta nella survey. Gli atteggiamenti e le leve attraverso le quali i giovani contano di costruire il proprio successo appaiono dunque gli stessi, a prescindere dalle differenze di genere, dalla provenienza geografica o dalla tipologia di percorso di studi intrapreso.
Ulteriore tratto distintivo della Generazione Y è l’utilizzo quasi ossessivo dei mezzi di comunicazione: i giovani Yers amano essere costantemente connessi con il mondo e vedono nelle nuove tecnologie anche una risorsa importante attraverso la quale ampliare la loro dimensione sociale e relazionale. Si è osservato, infatti, come il livello d’intensità nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione e informazione produca effetti sulle loro scelte lavorative: le preferenze accordate alla grande impresa multinazionale aumentano proporzionalmente alla quantità di tempo dedicato alla fruizione di questi mezzi. È evidente il (loro) desiderio di avere a disposizione tecnologie mobili per connettersi alla rete «anytime, everywhere» e per questo non deve sorprendere l’insofferenza che nutrono i nuovi assunti nelle aziende che applicano politiche tecnologiche restrittive e che dispongono di una dotazione hardware non all’altezza. Relativamente alla frequenza di utilizzo, Internet rappresenta lo strumento ampiamente più utilizzato dai partecipanti all’indagine: oltre un terzo del campione esaminato dichiara di trascorrere più di tre ore al giorno sul Web. Nettamente minore risulta l’intensità di utilizzo degli altri mezzi quali i giornali, la TV e la radio.
Ma se questo è quanto gli Yers percepiscono ed affermano, come si spiega l’immagine di «mammoni», «bamboccioni» e «arrendevoli» che alcuni hanno di loro? Probabilmente la risposta ci è stata fornita dalla stessa ricerca. Estremizzando e riassumendo in due parole, si tratta del famigerato scontro intergenerazionale.
Gli Yers vivono fianco a fianco con gli Xers (quelli della Generazione X, i nati tra il 1965 ed il 1979), con i boomers (nati tra il 1946 ed il 1964) ed anche con alcuni senior (persone nate ante 1946). Queste generazioni convivono nelle medesime realtà lavorative e portano con sé valori e percezioni differenti. I boomers affermano di avere valori solidi di riferimento, come il rispetto, l’umiltà, la gerarchia e il dovere, la capacità di sacrificarsi e di aspettare, che porta ad una fedeltà all’organizzazione, il tutto però accompagnato da «un progetto di vita chiaro» che li ha condotti dalla scuola all’università, per passare ad un posto fisso fino ad arrivare alla pensione.
Gli Xers, che hanno partecipato alle interviste, ritengono di aver avuto meno opportunità rispetto ai boomers, meno punti di riferimento e anche meno ideologie. Si vedono come una generazione di passaggio e vorrebbero più spazio e responsabilità, che però i boomers non lasciano.
Invece quelli della Generazione Y, nell’osservare il mondo del lavoro, così come costruito oggi, notano un’eccessiva burocrazia e rispetto delle gerarchie che portano ad una inevitabile lentezza nei processi. E la lentezza, nell’era della digitalizzazione e globalizzazione, della quale sono figli, è sinonimo di sconfitta perché fa sì che qualcuno arrivi prima di loro.
Per questo tendono a prediligere l’occupabilità al cosiddetto posto fisso. Di fronte ad una burocrazia farraginosa sul luogo di lavoro, preferiscono, se possono, cambiare aria e cercare nuovi stimoli.
Gli stessi datori di lavoro ritengono i giovani decisamente più aperti e informati di loro. È un dato che non sorprende alla luce dello specifico contesto sociale, economico e tecnologico in cui stanno crescendo le nuove generazioni: le ricerche internazionali e nazionali disponibili rivelano che la crescita esponenziale dei canali e mezzi attraverso cui comunicare e accedere alle informazioni disponibili nella società contemporanea non solo non ha precedenti nella storia, ma sembra avere un impatto decisivo sugli atteggiamenti e gli stili comportamentali adottati. In particolare, nel caso dei giovani che ne sono certamente i fruitori più abili (Boldizzoni-Sala 2009; Jue-Marr-Kassotakis 2009).
Concludendo, non bisogna però sottacere le due principali tendenze che stanno emergendo nel mondo giovanile. La prima, di più facile intuizione, riguarda l'attenzione spasmodica al breve periodo. La concentrazione sul perseguimento di obiettivi immediati da parte dei giovani può condurre a frequenti cambiamenti di priorità da parte di questi ultimi, sia nel caso in cui gli obiettivi auspicati vengano raggiunti, sia nel caso in cui i giovani decidano di desistere per dedicarsi a nuovi e più ambiziosi traguardi (AA.VV., Profilo dei laureati 2010, Rapporto di ricerca 2011, Consorzio Interuniversitario Almalaurea).
La seconda considerazione riguarda il grave contesto sociale ed economico di questi ultimissimi mesi. L'incertezza legata al rischio di default del Sistema Paese, inevitabilmente, condiziona e condizionerà gli orientamenti dei giovani e potrebbe essere causa di repentini cambiamenti nelle priorità attribuite alle proprie scelte professionali. Probabilmente nelle prossime ricerche si avvertirà un maggiore bisogno di sicurezza espresso da una parte (cospicua) della popolazione. Saranno soprattutto i giovani più deboli, quelli del Sud del Paese ad evidenziare tale necessità, esprimendo un crescente interesse nei confronti degli sparuti concorsi pubblici che verranno banditi. È altamente probabile che l’attuale incertezza sul futuro spinga i giovani ad abbracciare anche scelte professionali meno rischiose e più sicure anche se non avvertite come particolarmente vicine ai propri interessi. Se la rinuncia – si auspica temporanea – ai propri sogni e aspirazioni determinasse un ridimensionamento del potenziale di entusiasmo, creatività e iniziativa di questa generazione, sarebbe un dato veramente allarmante. È giunto il momento che una classe dirigente degna di questo nome non si limiti solamente a salvaguardare le esigenze di coloro i quali hanno già vissuto in tempi di vacche grasse, ma cominci a fare seriamente i conti con i bisogni, le aspirazioni, le necessità ed i sogni di questa generazione.


Bibliografia

Boldizzoni D.- Sala M.E. (2009), Generazione Y. I surfisti nella Rete e il mondo del lavoro, Guerini e associati, Milano 2009.
Jue A.L.- Marr J.A.- Kassotakis M.E. (2009), Social Media at Work. How Networking Tools Propel Organizational Performance, Jossey Bass, San Francisco 2009.



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