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La sfide dell’università brasiliana

Maria de Lourdes Alves Borges

Quando il Partito dei Lavoratori (PT), di sinistra, assunse il governo del Brasile nel 2003, aveva davanti a sé, tra i tanti problemi da risolvere, quello di rendere accessibile l’università pubblica brasiliana all’enorme segmento di popolazione di basso reddito. L’università pubblica gratuita non era in grado di soddisfare la domanda della popolazione. Fu dunque dato inizio a un processo di riforma universitaria. La necessità di tali riforme è basata sull’esigenza di non destinare l’università appena a un’élite, ma di far sì che essa assorba una gran parte della popolazione. Negli ultimi cento anni, l’università si è trasformata da lusso per pochi in un diritto del cittadino; la questione, però, è come unire l’esigenza di un accesso democratico con il mantenimento di un livello di eccellenza.
Il problema con il quale ci confrontiamo è quindi quello di soddisfare la crescente domanda di formazione accademica in un paese come il Brasile aumentando al medesimo tempo la qualità di tale formazione. Uno dei problemi che la riforma universitaria brasiliana vuole risolvere è il basso indice di giovani che frequentano l’università. Appena l’11% dei giovani tra i 18 e i 24 anni lo fanno: un indice basso, se paragonato a quello di altri paesi industrializzati o in via di sviluppo. Persino in paragone alla realtà latino-americana, gli indici di frequenza accademica brasiliani lasciano a desiderare. L’Argentina, ad esempio, ha un indice del 30% di giovani dediti a studi universitari o simili. Inoltre, la maggior parte degli studenti (il 70%) si concentra nelle università private. La proposta del governo Lula era, quindi, quella di arrestare la crescente mercificazione dell’insegnamento superiore. Nelle parole del Ministero dell’Educazione:

«Il processo di globalizzazione ha posto il nostro paese e l’università davanti a un bivio. Da un lato, il cammino della deregulation e della mercificazione dell’insegnamento che sottraggono allo Stato il ruolo di protagonista nella definizione delle politiche educazionali. Dall’altro, un progetto che vede nell’educazione superiore un diritto pubblico che lo Stato deve offrire gratuitamente, con qualità, con democrazia e impegnandosi a rispettare la dignità del popolo brasiliano, le espressioni multiculturali che emergono in seno alla società, uno sviluppo sostenibile rispettoso dell’ambiente e lo sviluppo tecnologico della sua struttura produttiva»[1].

Questi dunque gli ideali a cui si orienta la riforma. Si tratta di un progetto che mira a riconquistare allo stato brasiliano la responsabilità per la formazione accademica. Quest’ultima deve essere offerta gratuitamente dallo Stato e deve sentirsi obbligata nei confronti della società brasiliana, della sua molteplicità etnica, della democrazia e dello sviluppo del paese.
Gli obiettivi della riforma secondo il governo laburista sono quindi i seguenti:
1) riformare l’università pubblica per renderla più forte.
A partire dagli anni ’90 c’è stata una grande espansione dell’università privata, che – come detto – ha fatto del Brasile il paese del mondo con il maggior indice di studenti (70% del totale) immatricolati in istituzioni accademiche private. L’obiettivo del governo é invertire la proporzione, creando 400.000 nuovi posti di studio nelle istituzioni federali.
2) Riforma per impedire la mercificazione dell’insegnamento superiore.
L’educazione deve essere un dovere dello Stato e perciò non può essere trattata come una merce, ma come un bene pubblico. Bisogna evitare che l’educazione miri al lucro, senza tenere in conto la qualità. In questo senso, tanto le istituzioni private quanto le pubbliche devono integrarsi in un sistema pubblico di educazione accademica la cui qualità deve essere controllata dallo Stato.
3) Riforma per democratizzare l’accesso.
Il governo pretende innalzare al 30% l’indice di scolarità accademica entro il 2010, raggiungendo un livello ragionevole per l’America Latina, sebbene ancora molto inferiore a quello degli Stati Uniti (50%) o del Canada (62%). L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto creando nuove IFES (Istituzioni Federali di Educazione Superiore) in regioni in cui scarseggiano le istituzioni accademiche, creando posti di studio finanziati dallo Stato in università private, e ampliando i corsi notturni nelle università pubbliche esistenti.
4) Riforma per garantire la qualità e costruire una gestione democratica.
La scarsa qualità di molte facoltà e istituzioni accademiche dimostra una certa fragilità nella capacità di supervisione e regolamentazione da parte dello Stato. Il governo intende pertanto garantire un processo di controllo adeguato al livello qualitativo richiesto. Inoltre, le università dovranno avere una struttura organizzativa che renda possibile una gestione democratica.


La teoria alla prova dei fatti

L’obiettivo della riforma universitaria brasiliana è, come detto, privilegiare la qualità dell’educazione superiore, lottare contro la mercificazione della stessa e democratizzare l’accesso ad essa. Nella pratica, però, l’applicazione di questi principi lascia a desiderare.
La riforma universitaria brasiliana è formata da vari programmi specifici, tra cui il PROUNI e il REUNI. Con il primo, il governo offre sgravi fiscali in cambio di posti di studio nelle università private per studenti di basso reddito. Questo programma è stato ampiamente criticato, visto che fondi pubblici finivano (sia pure indirettamente) a università private. Molti vi vedevano il contrario dell’obiettivo della riforma, che è appunto quello di rendere più solide le istituzioni accademiche pubbliche. Il governo ha promosso perciò il REUNI, per mezzo del quale esso si impegna a concedere maggiori fondi alle università pubbliche se queste aumentano il numero di posti di studio. Secondo i criteri governativi, le università in cui la pós-graduação[2]2 è forte, l’ampliamento del numero di posti sarà minore. Per le altre università, l’ampliamento desiderato è maggiore, e quindi esse finiranno con il dedicarsi quasi esclusivamente alla graduação[3]3. Come conseguenza, alcune università resteranno istituzioni di educazione e ricerca, mentre altre dovranno sacrificare la loro vocazione alla ricerca e trasformarsi in grandi “scuole” di livello accademico. Il progetto prevede anche la possibilità che le università sostituiscano i professori a contratto indeterminato che andranno in pensione con professori a contratto determinato, diminuendo così la percentuale di docenti permanenti.
Il movimento studentesco si sta opponendo all’approvazione del REUNI da parte dei consigli accademici delle università pubbliche. In vari atenei, durante le sessioni del consiglio accademico dedicate all’approvazione, gli studenti hanno invaso la sala impedendo, in alcuni casi, la votazione[4]4. Sebbene il governo attuale sia un governo di sinistra, i cui membri per lo più sono stati a loro volta militanti della sinistra studentesca contro la dittatura militare (1964-1984), esso si vede confrontato oggi con l’opposizione radicale di vari gruppi studenteschi. Una delle forme di lotta degli studenti è stata l’invasione e l’occupazione dei rettorati. In alcuni casi più gravi, gli studenti hanno impedito ai membri del consiglio accademico di uscire dalla sala di riunione, venendo perciò incriminati per sequestro di persona.


Le aporie della democrazia nell’università

Una delle peculiarità delle università pubbliche brasiliane è la forma di elezione del rettore. Tale elezione è effettuata in tutti e tre i settori della comunità accademica (personale tecnico e amministrativo, studenti e professori), normalmente in forma paritaria, e viene in seguito omologata dal Consiglio Accademico, che è l’organo deliberativo più alto dell’università. L’insieme dei voti di ogni settore vale un terzo dei voti. Tutti gli studenti, professori e tecnici sono considerati elettori.
Per un verso, questa forma di scelta democratica rende il processo più trasparente. Si tengono dibattiti pubblici, si distribuisce materiale informativo sulle proposte dei candidati e, in alcuni casi, vi sono persino dibattiti televisivi.
In un’elezione, il potere viene attribuito a gruppi o individui che, anteriormente, fanno una campagna, nella società civile come nell’università. Nel caso delle elezioni politiche, i rappresentanti vengono eletti dal popolo, ma appartengono a un partito che possiede un progetto più o meno chiaro. Il rappresentante eletto nella società civile discute con il suo partito per lo meno le basi della sua gestione. Ma nel caso dell’università questa teoria sembra non applicarsi. Il rettore viene eletto democraticamente da gruppi con interessi diversi, spesso corporativi o addirittura personali. Ora, il rettore dovrebbe far spazio a tali gruppi nella gestione del potere, come è comune nell’elezione democratica dei dirigenti di un paese, in cui i posti di potere sono assegnati ai gruppi o ai partiti che formavano la base d’appoggio della campagna politica? Il rettore dovrebbe distribuire gli incarichi amministrativi principali[5]5 secondo gli stessi criteri con cui un capo di governo sceglie i suoi ministri? Ciò che sembra ragionevole in seno alla società civile, sembra controintuitivo nel mondo accademico. Il rettore dovrebbe “partire da zero” e indicare i suoi collaboratori con base nella loro competenza intellettuale o amministrativa. Ma partire da zero non significherebbe rinnegare la base d’appoggio che lo ha investito del suo potere?
Secondo qualcuno, proprio a causa delle aporie della democrazia universitaria non dovrebbero tenersi elezioni per scegliere la massima autorità accademica; altri sostengono che la democrazia garantisce sempre che la disputa per il potere sia più trasparente. Ma resta sempre la questione: l’università deve essere democratica o meritocratica? Il rettore deve essere eletto democraticamente o scelto per i suoi meriti accademici? Qual è il livello di partecipazione che studenti e personale tecnico e amministrativo dovrebbero avere nelle decisioni di istituzioni come l’università? Perché l’università dovrebbe essere democratica? Non dovrebbe essere meritocratica?
Possiamo spiegare le esigenze democratiche nell’università brasiliana in due modi. Da un lato, vi è un’esigenza attuale di partecipazione da parte dei membri di un’istituzione nelle decisioni che la riguardano. Dall’altro, vi è la peculiarità della storia brasiliana, in cui i venti anni di dittatura militare che impedirono la partecipazione democratica a livello politico e civile fecero sì che le aspirazioni democratiche si manifestassero anche all’interno dell’università.
La questione, ora, è saper se, visto che in Brasile lo stato di diritto è stato ripristinato nel 1984, la democrazia non può tornare ad occupare il luogo che le è più appropriato, ossia la polis, e lasciare l’università alla meritocrazia. Mi sento di dire che una simile rinuncia alla democrazia sarebbe agli occhi di ampi settori della comunità accademica un regresso. La cultura democratica fa ormai parte della storia dell’università brasiliana.


I compiti dell’università brasiliana

Quali sono i compiti dell’università brasiliana? Essa sembra possedere oggi un obbligo con il paese, un obbligo democratico e uno critico.
L’obbligo con il paese è quello di promuovere politiche scientifiche che mirino sia a portare le scienze di base fino alle frontiere più avanzate, sia a sviluppare le scienze applicate per la risoluzione dei problemi concreti del Brasile. Si devono incentivare le facoltà di scienze applicate affinché sviluppino prodotti e brevetti per le necessità dell’economia brasiliana. La nostra sfida, comunque, è investire nella scienza applicata senza perdere di vista le scienze di base. Abbiamo bisogno di laboratori di fisica, chimica e biologia ben attrezzati, dove si possa svolgere attività di ricerca ad alto livello, ma anche di facoltà di scienze umane che sviluppino nella popolazione una coscienza critica della realtà.
Abbiamo l’obbligo democratico di creare inclusione sociale. L’università pubblica possiede anche il compito di promuovere la giustizia sociale. Secondo John Rawls, uno dei principî di giustizia è quello per cui incarichi e professioni devono essere aperti a tutti, indipendentemente dalla loro posizione sociale o economica. L’università pubblica in quanto istituzione che promuove la giustizia deve cercare di compensare le diseguaglianze socio-economiche e etnico-razziali, promuovendo l’accesso all’università, e quindi al sapere, da parte della popolazione di basso reddito e degli individui che soffrono discriminazioni su base razziale.
Infine, l’università pubblica ha l’obbligo di sottoporre a un esame critico la società. Spetta principalmente alle facoltà umanistiche il compito di tale analisi critica della società e delle strutture di potere che permeano la stessa università in relazione alle discriminazioni su base sessuale, razziale o economica – senza contare la critica del sapere stesso e dei suoi meccanismi. L’università pubblica deve fungere da ambiente propizio per la riflessione e la discussione dei grandi temi che riguardano il paese e l’umanità.
Per realizzare i suoi obiettivi, l’università pubblica deve assumere i suoi obblighi con il paese. Se il 70% delle immatricolazioni accademiche ha luogo in strutture private, il compito dell’università pubblica è quindi quello di non negare il sapere, ma di democratizzarne l’accesso e di garantirne la qualità.
Alla domanda su cosa fosse l’università, Derrida rispose una volta: un’idea, un’ottima idea. Da buon lettore sovversivo della tradizione filosofica, egli ricorre al Conflitto delle Facoltà di Kant per chiarire di che idea si tratti. Essa costituisce la realizzazione pubblica dell’idea di «trattare tutto l’insieme della scienza in modo quasi industriale, servendosi della divisione del lavoro, dando vita a un luogo in cui saranno creati tanti maestri, tanti professori quante sono le aree scientifiche di cui esse saranno come i depositari; e tutti insieme essi formeranno una specie di entità scientifica comune che avrà la sua autonomia, giacché solamente i saggi possono giudicare della saggezza degli altri»[6]6.
L’obiettivo della realizzazione di questa “ottima idea” è quello di sviluppare il sapere in tutti i suoi campi, in assoluta libertà.
La sfida che si presenta al governo e alla società brasiliana è quella di unire tra loro le idee della libertà del sapere, dell’eccellenza scientifica e della democrazia, facendo in modo che l’università possa compiere il suo ruolo di istituzione promotrice di giustizia in questo paese e in questa nostra America Latina.


(traduzione di Alessandro Pinzani)

E-mail:

[1] Cfr. la pagina ufficiale del Ministero dell’Educazione: http://mecsrv04.mec.gov.br/reforma.
[2] Temine che indica i corsi di mestrado e doutorado, equivalente quindi ai graduate programs statunitensi [N.d.T.].
[3] Corrispondente agli undergraduate programs statunitensi [N.d.T.].
[4] Alcune manifestazioni studentesche sono visibili in vídeo su youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=ZWdc_Wh1OLo.
[5] In Brasile il rettore nomina dei pro-rettori responsabili per i vari settori: ricerca, graduação, pós-graduação, ecc. [N.d.T.].
[6] I. KANT, Der Streit der Fakultäten (Insel Verlag, 1964, p. 279).
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